Cassazione Penale n. 24169 del 6 giugno 2023. Caduta dalla scala durante la tinteggiatura del soffitto. Responsabilità del coordinatore per la sicurezza.
Caduta dalla scala durante la tinteggiatura del soffitto. Responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e esecuzione.
Con sentenza del 10 aprile 2022 il Tribunale di Frosinone ha assolto A.A. dal reato di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, commesso a (Omissis) avendo valutato il fatto non punibile per particolare tenuità ai sensi dell’art. 131 bis c.p..
2. A.A. era accusato di aver cagionato lesioni personali gravi a B.B. (dipendente di una impresa edile della quale è titolare C.C.) per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Secondo l’ipotesi accusatoria, quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori, A.A. avrebbe omesso di verificare l’idoneità del Piano Operativo di Sicurezza con particolare riferimento all’esecuzione di lavori in quota ed avrebbe così reso possibile l’infortunio occorso al B.B., caduto da una scala mentre stava tinteggiando un soffitto a cagione della inadeguatezza della scala medesima. In particolare, a A.A. è stata contestata la violazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 92, comma 1, lett. b), per non aver verificato l’idoneità del POS predisposto dal datore di lavoro. Il Tribunale ha ritenuto non punibile per particolare tenuità il fatto ascritto a A.A.. Con la medesima sentenza, C.C. è stato assolto, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di aver cagionato per colpa lesioni personali al proprio dipendente. Si è ritenuto, infatti, che l’inadeguatezza delle attrezzature poste a disposizione del lavoratore e la mancata valutazione dei rischi connessi all’esecuzione di lavori in quota (violazioni del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 111, comma 1 e art. 96, comma 1, lett. g),) non fossero sussistenti o, comunque, non avessero avuto rilevanza causale nel verificarsi dell’evento atteso che l’altezza dalla quale il lavoratore cadde era inferiore ai due metri.
3. A.A. ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza di assoluzione pronunciata ai sensi dell’art. 131 bis c.p. lamentando totale carenza della motivazione. Rileva il ricorrente che la applicazione dell’art. 131 bis c.p. presuppone l’accertamento della sussistenza del fatto che il Tribunale ha compiuto limitandosi alla seguente testuale affermazione: “all’esito dell’istruttoria è risultata provata la violazione ascritta al A.A.”. La difesa rileva che tale affermazione, oltre ad essere apodittica non essendo dato comprendere da quali elementi la sussistenza della violazione sia emersa, contraddice la motivazione sulla base della quale il datore di lavoro è stato assolto. Rileva infatti che, se i lavori cui l’infortunato era addetto non erano lavori in quota, il POS predisposto da C.C. non era inadeguato e il fatto ascritto al datore di lavoro non sussiste, allora non si comprende quale condotta colposa possa essere ascritta a A.A. e perché, a differenza di C.C., egli sia stato assolto ai sensi dell’art. 131 bis c.p. e non per insussistenza del fatto.
4. Va premesso che il ricorso proposto contro la sentenza che ha dichiarato l’imputato non punibile per particolare tenuità del fatto è ammissibile anche quando – come nel caso di specie – non siano dedotti profili di possibile efficacia di quella sentenza nel giudizio civile o amministrativo di danno ex art. 651 bis c.p.p. Sussiste, infatti, l’interesse a rimuovere il pregiudizio derivante dall’iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale ai sensi del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, art. 3, lett. f, come modificato dal D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, art. 4, comma 1, lett. a), (in tal senso: Sez. 3, n. 36687 del 29/05/2019, Gentile, Rv. 277666; v. anche: Sez. 5, n. 44118 del 10/10/2019, P., Rv. 277847; Sez. 1, n. 459 del 02/12/2020, dep. 2021, De Venuto, Rv. 280226). Il ricorso è stato proposto, tuttavia, ai sensi dell’art. 569 c.p.p. deducendo vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) e, indubbiamente, le censure formulate sono volte a una diversa valutazione delle circostanze di fatto.
5. per quanto esposto il ricorso deve essere convertito in appello ai sensi dell’art. 569 c.p.p., comma 3.
P.Q.M. Converte il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Roma.