Cassazione Penale, sentenza n. 18677 del 30 aprile 2018 – Crollo di un solaio
Crollo di un solaio. Ruolo del titolare dell’impresa a cui è stata appaltata la realizzazione della pavimentazione del capannone e del preposto di fatto
La Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Bari, ha dichiarato M.V., in qualità di titolare della società a cui era stata appaltata la realizzazione della pavimentazione del capannone e conseguentemente datore di lavoro di G.G. e G.D., colpevole del reato di cui agli artt. 589, secondo e terzo comma, e 590, secondo e terzo comma, c.p. per avere cagionato, omettendo di accertare la sicurezza dell’ambiente di lavoro, la morte di G.G. e le lesioni gravi di G.D., e lo ha condannato alla pena sospesa di mesi sei e giorni 15 di reclusione, oltre al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. La Corte di Appello di Bari ha, altresì, confermato la condanna di L.A., quale progettista e direttore di produzione e del montaggio della struttura prefabbricata, per gli stessi reati.
In data 2 luglio 2008, G.G. e G.D., dipendenti della società M.V. e impegnati nella realizzazione della soletta collaborante di completamento del solaio prefabbricato del secondo piano di un capannone in costruzione presso la B., sono precipitati a causa del cedimento dei T. su cui poggiavano le lastre prefabbricate e del conseguente crollo del solaio del secondo piano su cui si trovavano: il primo è deceduto ed il secondo ha riportato gravi lesioni. I lavori de quibus s’inserivano nell’ambito della realizzazione di un capannone prefabbricato la cui progettazione ed esecuzione era stata commissionata dalla B. alla B. P., che, a sua volta, ne aveva appaltato il montaggio alla C.S.M., mentre la realizzazione della pavimentazione era stata appaltata dalla B. alla società M.V.. La soletta collaborante, nel progetto originario e depositato al genio civile, doveva essere continua, mentre era stata realizzata un’apertura per il passaggio di tubi e cavi, “sicuramente su richiesta della B.”, eliminando un tegolo, tagliando l’ala di uno dei due T. che la delimitavano e posizionando delle lastre prefabbricate appoggiate sulle ali dei T.. Il crollo del solaio è stato determinato dal cedimento delle ali dei T. che non avevano sopportato il peso della lastra, delle persone e della gettata di calcestruzzo e che avrebbero dovuto essere previamente messe in sicurezza con operazioni di puntellamento.
La Corte di Appello di Bari ha confermato la condanna di L.A., in quanto lo stesso, quale direttore del montaggio delle opere prefabbricate (montaggio che la CSM aveva eseguito per conto della B. P.), avrebbe dovuto seguire l’andamento dei lavori di montaggio della struttura e comunicare sollecitamente la necessità di puntellamento della zona a rischio crollo, diffidando chiunque dall’iniziare i lavori di realizzazione della soletta colloborante, come, peraltro, previsto nel piano operativo di sicurezza della stessa B. P.. Ha, invece, ribaltato la sentenza assolutoria nei confronti di M.V., in quanto, mentre il giudice di primo grado ha escluso rientrasse nei compiti di quest’ultimo, in qualità di datore di lavoro, verificare la solidità strutturale della struttura realizzata da altri, non essendo stato evidenziato il rischio del crollo né della committente B. né dalle altre imprese, ad avviso del giudice di secondo grado, essendo rilevabile ictu oculi l’instabilità strutturale, secondo quanto emerso dalla deposizione di A.LT., la società M.V. non avrebbe dovuto svolgere i lavori prima del necessario puntellamento.
Avverso tale sentenza hanno proposto tempestivamente ricorso per cassazione, a mezzo di difensore, M.V. e L.A..
M.V. ha successivamente depositato memoria difensiva. M.V. ha denunciato l’inosservanza o erronea applicazione o violazione dell’art. 40 c.p. in relazione al d.lgs. n. 81 del 2008, nonché la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, dovuta ed evidente travisamento di fatti decisivi in relazione alla normativa speciale in tema di salute e sicurezza sul lavoro, atteso che il rischio del cedimento strutturale del solaio non era contemplato nel piano di sicurezza e coordinamento, né avrebbe potuto essere rilevato dal ricorrente, privo delle specifiche competenze, essendo stato determinato l’indebolimento ed il crollo della struttura dalla variante progettuale in corso d’opera, avente ad oggetto l’apertura di un varco sul pavimento per il passaggio di cavi e tubi, e potendo, pertanto, essere nota solo al progettista, che aveva l’obbligo di calcolare gli effetti di detta variante, come confermato, peraltro, dalla circostanza che neppure l’Ispettorato del Lavoro aveva elevato alcuna contestazione al ricorrente; ha lamentato, inoltre, l’erronea applicazione degli artt. 192, , 533, 593, 602, 603 c.p.p. nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto, essendo stata fondata la riforma della sentenza assolutoria, sulle dichiarazioni del c.t. prof. T., si sarebbe dovuto procedere alla rinnovazione parziale dell’istruttoria.
L.A. ha denunciato con il primo motivo la mancanza di motivazione rispetto ai motivi di appello ed in particolare riguardo alla necessità che i lavori della società di M.V. fossero eseguiti solo dopo il completamento del montaggio delle opere prefabbricate, non ancora avvenuto in assenza di consegna dei lavori; con il secondo motivo la violazione dell’art. 521 c. p. p., in quanto, mentre nel capo di imputazione si è contestata la mancata segnalazione di usare puntelli o altre attrezzature per assicurare la stabilità del solaio durante l’esecuzione del getto della soletta colloborante, nel provvedimento impugnato si è individuata un’altra condotta omissiva a cui si è collegata la penale responsabilità e, cioè, il non aver impedito l’esecuzione di altri lavori, autorizzati dalla committente B., prima del completamento della opera della B. P., condotta inesigibile, non essendo né proprietario del cantiere né responsabile del coordinamento dei lavori. (Fonte Corte di Cassazione)