Cassazione Penale, sentenza n. 19391 del 08 maggio 2019, caduta dall’alto.
Obbligo di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali viene assunto e formato. Responsabilità del datore di lavoro anche se l’ordine di salire sul tetto è stato dato da altri.
Con sentenza in data 15 gennaio 2018 la Corte di Appello di Trieste confermava la condanna resa dal Tribunale di Udine nei confronti di T.S., quale responsabile del reato di lesioni colpose, aggravate dalla violazione di norme antinfortunistiche, ai danni del lavoratore O.DB., sostituendo la pena detentiva con la multa e concedendo il beneficio della non menzione, in aggiunta a quello della sospensione condizionale già applicato in prime cure; la condanna riguardava altresì le contravvenzioni di cui agli arti. 148 e 159, comma 1 lett.a), artt.18, comma 1 lett.c) e 55, comma 4, lett.c), ed ancora arti.251, comma 1 lett.b) e 262, comma 1 lett.a), del D.Lgs.n.81/2008, per aver consentito l’esecuzione di lavori su coperture prive delle necessarie caratteristiche di resistenza, senza aver adottato alcun presidio di protezione individuale e collettiva, per non aver tenuto conto delle capacità e condizioni del lavoratore in relazione alla salute ed alla sicurezza, e per aver consentito l’esecuzione di un lavoro comportante esposizione all’amianto in assenza di idonei dispositivi di protezione delle vie respiratorie.
Secondo la prospettazione accusatoria, che aveva trovato puntuale riscontro all’esito dell’istruttoria dibattimentale, il O.DB., assunto con mansioni di commesso e venditore presso il mobilificio Treti Arredamenti corrente in Tricésimo, il giorno 19.6.2013 era stato mandato dal padre dell’Imputato T.P. (la cui posizione è stata definita separatamente) sul tetto dell’immobile al fine di sistemarlo in quanto vi erano state infiltrazioni di acqua; sicché lo stesso, salito sul tetto senza alcun dispositivo di protezione, aveva iniziato “grattare” le lastre di amianto per poi “rattoppare” le fessure con materiale vario incollato per mezzo di silicone: nel corso di tale operazione improvvisamente una delle lastre si era spezzata ed aveva determinato la caduta al suolo del O.DB. da un’altezza di circa 5 metri, con conseguenti gravi lesioni personali.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, denunciando, con un unico ampio motivo, il difetto di motivazione dell’impugnata sentenza. Sostiene che tutto il sistema probatorio utilizzato dai giudici di merito per giungere al giudizio di colpevolezza è costituito esclusivamente da quanto riferito dalla persona offesa; che l’imputato, legale rappresentante della ditta Treti Arredamenti corrente in Tavagnacco, e datore di lavoro del dipendente infortunato, assunto con le mansioni di addetto alla vendita, non era a conoscenza del fatto che il proprio padre, T.P., gestore di fatto di altro punto vendita sito a pochi chilometri in comune di Tricésimo, ove si era verificato l’infortunio, utilizzasse il O.DB. in modo improprio, adibendolo ad altre mansioni; in particolare, deduce che il giorno dell’evento non sapeva che il dipendente fosse stato incaricato delle operazioni di manutenzione del tetto di copertura….. Scarica sentenza completa Fonte Cassazioneweb