Cassazione Penale, sentenza n. 21072 del 31 maggio 2022 – Caduta mortale durante i lavori di scavo
Cassazione Penale, sentenza n. 21072 del 31 maggio 2022 – Caduta mortale durante i lavori di scavo non muniti delle opere provvisionali. Obbligo del committente di nominare il coordinatore per la sicurezza.
1. La Corte di appello di Napoli il 9 giugno 2021 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall’imputata, con cui il Tribunale di Napoli il 27 novembre 2018 ha riconosciuto – anche – R.F. responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto commesso il 19 ottobre 2009, in conseguenza condannandola, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, a favore delle parti civili, con assegnazione alle stesse di provvisionale.
2. Il fatto, in estrema sintesi, come concordemente ricostruito dai Giudici di merito.
Il 19 ottobre 2009 G.D., carpentiere dipendente della ditta di costruzioni “xxxxxxxxxxxx s.r.l. “, mentre all’interno di un cantiere stava trasportando materiali di risulta con una carriola, è scivolato all’interno di una ampia e profonda buca, non protetta da recinzioni o da altre opere, quantomeno lungo il lato che stava percorrendo, buca che era stata realizzata per porre le fondazioni di un’immobile da erigersi, e, dopo un volo di circa 3,5 metri, è finito letteralmente “infilzato” in un “ferro in attesa” che fuoriusciva da una trave in cemento, ferro che non era protetto dai prescritti “capelletti” di protezione. Le gravissime lesioni interne riportate, avendo il ferro trapassato il corpo del lavoratore dal fianco alla testa, lo hanno condotto a morte, nonostante la rapidità dei soccorsi.
Sono stati riconosciuti responsabili di omicidio colposo all’esito del giudizio di primo grado, sotto diversi profili, con condotte colpose tra loro indipendenti: la proprietaria del terreno e committente dei lavori per la realizzazione dell’immobile, sig.ra R.F., odierna ricorrente; il titolare della ditta esecutrice dei lavori, “xxxxxxxxxxxxx s.r.l.”, F.A.; ed il direttore dei lavori, ing. D.M..
La sentenza del Tribunale, impugnata da R.F. e da F.A., è stata integralmente confermata.
In particolare, la donna è stata ritenuta (cor)responsabile (come si legge alla p. 7 della sentenza impugnata ed alle pp. 13-16 di quelle di primo grado), in qualità di committente dei lavori e di titolare del permesso di costruire, per non avere nominato un responsabile per la sicurezza, per non avere predisposto il piano operativo per la sicurezza (acronimo: p.o.s.) e per non avere nominato il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione delle opere, figura necessaria e da nominarsi o da parte dalla committente oppure da parte della impresa esecutrice, ai sensi dell’art. 90, commi 3 e 4, del d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81, essendo prevista la presenza, anche se non contemporanea, di più imprese nel cantiere.
3. Ricorre per la cassazione della sentenza R.F., tramite Difensore di fiducia, che si affida ad un unico, complessivo , motivo con il quale denunzia vizio di motivazione contestando la rilevanza causale nel caso di specie della mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza.
Ad avviso della ricorrente, la decisione impugnata non terrebbe conto dei principi espressi dalla Corte di legittimità, che in più occasioni ha ribadito che la responsabilità del committente, nel caso di infortunio del lavoratore, non può essere riconosciuta automaticamente, in quanto non si può prescindere da un’analisi fattuale al fine di verificare, in concreto, quale sia stata l’effettiva incidenza della condotta del committente nella eziologia dell’evento.
La Corte di appello si sarebbe limitata, secondo la Difesa dell’imputata, a richiamare quanto argomentato dal Tribunale circa la mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza, omettendo totalmente di verificare in concreto se vi fosse stata effettiva ingerenza della committenza nella esecuzione dei lavori e se la committenza avesse riservato a sé poteri tecnico-organizzativi sull’opera da eseguire o se avesse percepito eventuali situazioni di pericolo per i lavoratori.
Rammentato che si era evidenziato come dall’istruttoria fosse emerso che i tecnici comunali, in occasione dei sopralluoghi precedenti l’infortunio, non avevano constatato alcuna irregolarità né dal punto di vista documentale né dal punto di vista della predisposizione dei mezzi di sicurezza, si evidenzia essere la motivazione lacunosa e addirittura soltanto apparente nella parte in cui – si afferma – fa discendere la responsabilità dell’imputata dalla semplice mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza omettendo di riflettere sulla esistenza del nesso di causalità tra l’azione o la omissione dell’imputata e l’evento, anche tenendo conto della incontestabile assenza dell’imputata dal cantiere durante i lavori, della mancanza di qualsiasi direttiva impartita dalla stessa, del livello culturale minimo della donna e della documentata presenza delle comunicazioni di inizio lavori da parte della ricorrente con l’indicazione dei progettisti, del collaudatore, del direttore dei lavori e dell’impresa edile esecutrice.
La ricorrente chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
4. Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 21 aprile 2022 ha chiesto il rigetto del ricorso.
5. La Difesa della parte civile I.N.A.I.L. nella memoria del 26 aprile 2022 ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso; in ogni caso con vittoria di spese, allegando nota specifica.
Diritto
1. Premesso che il reato non è prescritto, il ricorso è manifestamente infondato, per le seguenti ragioni.
2. Appare opportuno prendere le mosse dalla previsione dell’art. 90, commi 3 e 4, del d.lgs. 81 del 2008, che recita:
«3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l’impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 98».
3. La sentenza impugnata replica all’appello, ove già si contestava la rilevanza causale nel caso di specie della mancata indicazione del coordinatore per la sicurezza, nei seguenti, testuali, termini (p. 7):
«L’obbligo [di nominare il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori] imposto al committente riveste, all’evidenza, fondamentale importanza in quanto il coordinatore per l’esecuzione dei lavori ex art. 92 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, oltre ad assicurare il collegamento tra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione, ha il compito di vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza da parte delle stesse e sulla scrupolosa applicazione delle procedure a garanzia dell’incolumità dei lavoratori nonché di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, con conseguente obbligo di sospendere, in caso pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Orbene, tale essendo il quadro e la ratio normativa di riferimento, appare chiaro che la violazione del disposto di cui all’art. 90 d.lgs. 81/08, F.R. abbia, con la sua condotta omissiva, colposamente contribuito alla realizzazione del terribile evento.
La tesi difensiva, che vorrebbe l’appellante estranea rispetto ai fatti in quanto non dotata della preparazione tecnica necessaria, tanto da non essersi mai recata sul cantiere, ovvero di avere per così dire delegato i suoi compiti al D.M., direttore dei lavori, non è sostenibile.
Invero la figura del direttore dei lavori svolge un ‘attività limitata alla sorveglianza tecnica attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse del committente ed è figura ben diversa da quella del coordinatore per la progettazione e l’esecuzione delle opere, la cui nomina, nel caso di specie, era necessaria da parte della F.R..
Infatti, ove l’imputata avesse assolto agli obblighi imposti dalla legge, verosimilmente il cantiere sarebbe stato allestito in modo diverso, più rispettoso delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro e si sarebbe potuta evitare la morte di G.D. .
Sussiste, pertanto, il richiesto nesso eziologico tra la condotta colposa omissiva dell’appellante e l’evento».
4. La Corte di appello, in altre parole, afferma: a) che l’imputata, in quanto committente, aveva l’obbligo (peraltro gravante anche sull’impresae esecutrice) di nominare il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori; b) che è pacifico che non lo ha nominato; e) che la sig.ra R.F. è da ritenersi responsabile, poiché, se lo avesse nominato, il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori avrebbe fatto il proprio dovere e quindi ragionevolmente il cantiere sarebbe stato allestito in modo diverso, rispettoso delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e si sarebbe potuto evitare l’infortunio mortale.
Ebbene, seppure stringato, il ragionamento dei Giudici di merito è corretto e logico, vertendosi nel caso di specie in tema di obblighi facenti capo al committente in relazione alla nomina del coordinatore ed essendo stata accertata in punto di fatto la sussistenza di lavori di scavo non muniti delle opere provvisionali necessarie a prevenire la caduta, la mancata predisposizione dell’armatura o del consolidamento del terreno, risultando, per effetto di tali omissioni, lo scavo non era protetto, e la mancata apposizione del “cappelletti” di protezione sopra i “ferri di attesa” (p. 6 della sentenza impugnata).
La decisione impugnata è in linea con consolidati principi puntualizzati anche recentemente dalla Corte di legittimità, tra i quali appare opportuno richiamare i seguenti:
«In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rischio derivante dalla conformazione dell’ambiente di lavoro grava sul committente, perché, inerendo all’ambiente di lavoro, non è riconducibile alla natura specialistica dei lavori commissionati all’impresa appaltatrice. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità del committente per il reato di lesioni colpose in relazione all’infortunio occorso a un lavoratore dipendente della ditta appaltatrice, addetto all’autobetoniera, investito da una scarica elettrica in quanto il braccio del mezzo, manovrato con radiocomando da altro lavoratore dipendente della stessa impresa, era stato alzato sino a giungere in prossimità di un elettrodotto sovrastante il cantiere di proprietà del committente)» (Sez. 4, n. 5802 del 29/01/2021, P.C. in proc. Cribari, Rv. 280925);
e «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente privato non professionale che affidi in appalto lavori di manutenzione domestica, pur non essendo tenuto a conoscere, alla pari di quello professionale, le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale, ha comunque l’onere di scegliere adeguatamente l’impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla CC.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi dell’art. 14, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, altrimenti assumendo su di sé tutti gli obblighi in materia di sicurezza» (Sez. 4, n. 26335 del 21/04/2021, L., Rv. 281497-02).
5. Essendo, dunque, per le ragioni esposte, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna al pagamento delle spese consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
Infine, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail, liquidate, vista la notula ed alla stregua delle tariffe forensi, come da dispositivo.
P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Inail che liquida in euro 3.000,00.
Conte: SentenzeWeb