Cassazione Penale, sentenza n. 35688 del 26 luglio 2018

Mancanza di coordinamento e interferenze nelle lavorazioni. Manutenzione con organi in movimento.

Sul ricorso proposto da: B. M. nato a BRESCIA il ………………. avverso la sentenza del 10/02/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere V.P.; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore …………….. che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione.

udito il difensore avvocato ………………… del foro di BRESCIA, in difesa di B. M., che riportandosi integralmente ai motivi di ricorso ne chiede l’accoglimento 1. La Corte di Appello di Brescia, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente B. M. e dei coimputati F. E. e C. G. con sentenza del 10/2/2017, in parziale riforma della sentenza emessa in data 24/4/2013 dal GM del Tribunale di Brescia, appellata dagli imputati, ha concesso al Brignoli le attenuanti generiche stimate equivalenti alle contestate aggravanti, riducendo la pena inflittagli a mesi 1 e giorni 15 di reclusione, confermando nel resto l’impugnata sentenza.

Il Tribunale di Brescia aveva dichiarato B. M. responsabile del reato di cui all’art. 590 comma 1° e 3° cod. pen., in relazione all’art. 583 cod. pen., perché (F. E. e C. G., omissis) e B. M. in qualità di amministratore unico della società B. SRL corrente in Brescia, nonché datore di lavoro dell’infortunato per colpa cagionavano a P. F. lesioni personali gravi consistite nell’amputazione della falange distale del 5° dito della mano sinistra, giudicate guaribili in 131 giorni in quanto, in relazione ai lavori di manutenzione meccanica appaltati dalla società CARTIERA ………… alla società B. SRL per l’anno 2009, mentre P. eseguiva la manutenzione di alcune pompe idrauliche presenti sulla linea di produzione, compiendo sulle stesse, operazioni di pulizia, rabbocco dell’olio ed ingrassaggio, nell’avvicinarsi alla testina di ingrassaggio di una delle pompe il suo guanto sinistro veniva preso e trascinato dalle cinghie in movimento dell’impianto, determinando lo schiacciamento delle dita del lavoratore tra la puleggia e la cinghia, con conseguente amputazione del 5° dito della mano destra.

Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia nonché nell’inosservanza di norme preposte alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ed in particolare nella violazione: F.E. (omissis); (C. G. e) B. M. dell’art. 26 T.U. 81/2008 in quanto, nell’ambito del contratto di appalto sopra indicato, da entrambi sottoscritto, non mettevano concretamente in atto le misure tecniche ed organizzative necessarie per evitare pericolose interferenze tra le attività produttive della camera e gli interventi di manutenzione appaltati, in particolare non coordinavano gli interventi al fine di consentire l’accesso agli impianti da manutenere da parte del personale della società appaltante, soltanto in condizioni di fermo assoluto degli stessi. Veniva invece ordinariamente consentito che, al fine di non interrompere e ritardare la produzione, i dipendenti della società B. intervenissero sugli impianti in movimento.

Fatto aggravato per aver cagionato lesioni gravi e perché commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In Montichiari (BS) il 21/9/2009 L’imputato era stato condannato, in primo grado, alla pena di mesi 3 di reclusione.

  1. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo dei propri difensori di fiducia, B.M., deducendo i motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

Con un primo motivo di ricorso, sotto il profilo della violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., si deduce che la condanna sarebbe avvenuta sulla base della sola deposizione dell’UPG dell’ASL in relazione alla mancata determinazione in concreto delle modalità di coordinamento per l’esecuzione della manutenzione tra la committente cartiera e l’appaltatrice B. srl.

Sostanzialmente – si rileva- la responsabilità dell’imputato, titolare della ditta appaltatrice e firmatario del contratto di appalto, sarebbe stata fatta derivare dal non aver posto in essere tutte le misure necessario a garantire la sicurezza dei propri dipendenti. Ma si deduce che, come rilevato in appello, l’assenza di modalità di coordinamento sullo svolgimento dell’attività di manutenzione rispondeva all’acclarata esigenza che la stessa fosse gestita direttamente dalla committente, in ragione della particolarità delle lavorazioni. Tale circostanza – si obietta in ricorso – risulterebbe pienamente dimostrata dall’istruttoria dibattimentale.

Si lamenta, inoltre, che la Corte territoriale non abbia assolutamente considerato la circostanza che la parte offesa rivestiva il ruolo di responsabile di cantiere, tanto da sottoscrivere la dichiarazione di inizio lavori e, nel corso del processo, dichiarare di ritenersi responsabile della sicurezza nel cantiere rapportandosi direttamente con il C. sulle deficienze e sui problemi emergenti e di non aver mai riferito alcunché al B. sulla situazione nel cantiere.

Su tale punto, relativo al conferimento di deleghe e alla conseguente assunzione responsabilità, l’impugnata sentenza nulla avrebbe motivato, limitandosi ad affermare l’equazione legale rappresentante uguale responsabile.

Con un secondo motivo di ricorso si deduce la contraddittorietà e illogicità della motivazione laddove i giudici del gravame del merito svolgono un ragionamento opposto in relazione alla posizione del coimputato F., amministratore delegato della committente cartiera. In relazione alla posizione di quest’ultimo, infatti, la corte di appello, pur dando atto della mancanza di qualsiasi conferimento di delega in materia di sicurezza, ritiene di assolverlo perché non sarebbe stato possibile accertare se e in che misura fosse a conoscenza delle mancate protezioni dei macchinari all’interno dello stabilimento nonché delle prassi di lavorazione seguite all’interno dello stabilimento in violazione del contratto di appalto. E a tale conclusione perviene nonostante l’attività di manutenzione fosse diretta esclusivamente ‘dalla cartiera, di cui il F. era amministratore delegato, senza che il personale della B. potesse intervenire in alcun modo.

Tali conclusioni, diametralmente opposte rispetto a quelle cui si è pervenuti per il B., integrerebbero secondo il ricorrente il vizio di contraddittorietà ed illogicità della motivazione confliggendo con quanto ritenuto a carico del datore di lavoro, ritenuto inadempiente all’obbligo di garantire la sicurezza dei propri dipendenti.

E anche la considerazione che il F. fosse amministratore di una società di dimensioni medio grandi, con circa 109 dipendenti su tre cantieri, avrebbe dovuto costituire un ulteriore motivo di responsabilità laddove non erano state conferite deleghe in materia di sicurezza e rappresentanza all’interno dei vari stabilimenti.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione.

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