Corte di Cassazione sentenza n. 29514 del 20/06/2018. Infortunio in un cantiere, condannati Coordinatore alla sicurezza, Datore di lavoro e Titolare dell’impresa edile
Condannati il Datore di Lavoro dell’infortunato, il CSE e il Titolare dell’impresa edile che ha realizzato le opere provvisionali, per lesioni colpose gravi, causate per colpa da negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
1.Con sentenza del 26.06.2017 la Corte di appello di Venezia, confermava la sentenza di primo grado, del Tribunale di Venezia che, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, aveva condannato alla pena di mesi due di reclusione con i benefici di legge, T P., B. L. e B. L., in ordine al reato di cui all’art. 40, 590 co. I, II, III c.p. di lesioni colpose gravi, causate per colpa da negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, all’operaio C L., elettricista, dipendente della ditta T, a seguito di una caduta da un’altezza di tre metri nel cantiere, sito in Olmo, il 9 maggio 2011.
1.1 Le imputazioni sono così articolate: – T P., datore di lavoro del C, è imputato per non aver fatto nel POS una adeguata e puntuale e specifica valutazione dei rischi relativi ai lavori da eseguire nel cantiere suddetto, con particolare riferimento alle cautele da adottare per l’esecuzione di lavori elettrici in prossimità del foro del vano scale e per non aver valutato la conformità del parapetto, già ivi istallato dalla ditta B., privo delle prescritte caratteristiche di robustezza (art.96 comma 2 e 126 D.Lgs 81/2008); – B. L., in qualità di coordinatrice per la sicurezza, in violazione dell’art.92 co.1 lett.a) D.lgs 81/2008, perché in fase di esecuzione non aveva verificato l’applicazione da parte delle ditte esecutrici delle disposizioni di loro pertinenza e, nello specifico, per non aver verificato la non corretta realizzazione del parapetto lungo il bordo del foro vano scala ; -B. L., titolare dell’impresa edile, perché in violazione dell’art. 146 comma1 del D.Lgs n.81/2008, nell’apertura del vano scala, installava, in attesa del definitivo, un parapetto provvisorio, non idoneo per robustezza, montato in difformità a quanto previsto dal manuale d’uso. L’infortunio secondo la ricostruzione della Corte territoriale avveniva secondo le seguenti modalità: presso il cantiere di Olmo, nell’edificio di una Banca, stavano operando con propri dipendenti la Ditta T., cui era stati affidati i lavori di elettricità e la Ditta B. che eseguiva i lavori edili. L’operaio elettricista C, che si trovava al primo piano, dovendo portare un cavo fino alla terrazza limitrofa per effettuare dei lavori di impianto elettrico, decideva di far passare la prolunga di m.25, lanciandola dal ballatoio del vano scale, attraverso una finestra che dava sulla terrazza medesima e nel far ciò perdeva l’equilibrio, si afferrava al parapetto di protezione anticaduta in legno, che non reggeva, si spezzava e precipitava di sotto. A seguito della caduta riportava la frattura di due vertebre, trauma cranico commotivo, contusioni polmonari e una percentuale di invalidità permanente del 6/8 %. La Corte territoriale riprendendo ed integrando le argomentazioni dei giudici di primo grado riteneva la responsabilità degli imputati sulla base delle seguenti condotte di colpa generica e specifica: risultava accertato che il parapetto costruito dalla ditta B., in via provvisoria, sul vuoto scale non rispondeva alle prescrizioni di montaggio del manuale d’uso, era contrario alle norme di sicurezza e pertanto era inidoneo a prevenire il rischio specifico di caduta; il T legale rappresentante e responsabile della sicurezza della ditta appaltatrice dei lavori elettrici, datore di lavoro del C, non ha valutato la non conformità del parapetto in questione alle norme di sicurezza, venendo meno ai doveri di controllo di un manufatto visibilmente non rispondente alle caratteristiche di prevenzione del rischio specifico, in relazione alla conformazione generale del cantiere (tavole legate con filo di ferro e parapetto privo del montante centrale) ;la B., quale coordinatore della sicurezza durante l’esecuzione dei lavori, incaricata di coadiuvare personalmente il committente e di vigilare in concreto sull’attuazione del piano di sicurezza che tra l’altro prevedeva: “lungo il perimetro del foro realizzato per la scala dovrà essere sistemato un solido parapetto di protezione fino all’arrivo della scala definitiva”. Risultava invece che durante il sopralluogo effettuato il 29.04.2011, pochi giorni prima dell’incidente, l’imputata attestava che il foro scala era protetto da un parapetto, omettendo di segnalare le manifeste irregolarità e carenze che il parapetto concretamente presentava ai fini della sicurezza. La Corte, infine, escludeva sulla base della ricostruzione dei fatti che la condotta imprudente del C, che aveva ritenuto di lanciare il cavo di 25 metri attraverso la finestra che dava direttamente sulla terrazza, anziché farlo passare per le altre stanze attigue, fino ad arrivare alla terrazza stessa, avesse interrotto il nesso causale tra le condotte colpose poste in essere dagli imputati e l’evento infortunio.
- Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati.
2.1 B. L. ha lamentato violazione di legge e illogicità della motivazione In particolare con il primo motivo ha dedotto che il ruolo di coordinatore per l’esecuzione non può essere confuso con quello di vigilanza assidua che invece spetta al datore di lavoro, trattandosi di c.d. alta vigilanza che riguarda la parte generale della organizzazione delle lavorazioni e la valutazione del rischio generico e non il puntuale e concreto controllo, connesso con l’evolversi dei lavori. Tanto che nel PSC aveva specificatamente previsto a pag. 18 : “Lungo il perimetro del foro realizzato per la scala dovrà essere sistemato un solido parapetto di protezione fino all’arrivo della scala definitiva che avrà idonea balaustra e parapetto “e il 29 04.2011 nel sopralluogo redigeva verbale in cui dava atto “ che il foro scala è protetto con parapetto e si sta attendendo la scala definitiva”. Con il secondo motivo ha rappresentato come la condotta imprudente della vittima si configuri come causa sopravvenuta idonea a interrompere il nesso causale, avendo assunto il carattere dell’abnormità.
2.2 Per T P. il difensore B. ha dedotto con due motivi vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare ha lamentato il travisamento delle risultanze probatorie emerse dalla consulenza tecnica di parte dell’Ing. P., secondo cui il parapetto era perfettamente conforme alle norme della classe (A) di appartenenza in relazione allo stato dei luoghi e dei lavori; poteva infatti sostenere un’ azione di caduta fino a trenta kg di peso; non certo una forza di impatto di Kg centocinque che si è realizzata mediante la condotta posta in essere con imprudenza dall’operaio che, in forza della manovra di lancio dei cavi, aveva preso un slancio di tre metri al secondo. Ha rappresentato inoltre che l’operaio doveva far passare il cavo per terra attraverso il vano attiguo al vano scala per giungere al terrazzo e che quindi il piano di sicurezza e in particolare il parapetto aveva l’unica funzione di delimitare il vano scala. Il comportamento del tutto anomalo imprevisto e imprevedibile del lavoratore ha interrotto il nesso di causa tra la condotta del datore di lavoro e l’accaduto.
2.3 Sempre per la posizione di T. il difensore B. i ha con tre motivi dedotto: violazione di legge con riferimento alla posizione di garanzia individuata in capo al datore di lavoro dell’impresa affidataria, da ritenersi limitata in relazione all’oggetto dei lavori che, nel caso di specie, consistevano nell’esecuzione di impianti elettrici e speciali dello stabile” e alcuna lavorazione doveva essere effettuata dalla sua impresa presso il vano scale”, non essendo nemmeno luogo di passaggio per effettuare i lavori elettrici nella terrazza, il cui tragitto per raggiungerla si sviluppava attraverso una stanza laterale Sul punto la Corte Territoriale avrebbe omesso di motivare circa la fonte dell’obbligo per il T. di valutare l’idoneità del parapetto in questione: nessuna omissione colposa in ordine alla valutazione del rischio o al controllo dell’idoneità del parapetto sul vano scala si porrebbe con riferimento al T. trattandosi di parte del cantiere del tutto estranea all’oggetto del contratto. Infine la Corte avrebbe omesso di motivare e di argomentare se una diversa valutazione del rischio da parte del T. avrebbe evitato l’evento, addebitabile secondo il ricorrente a un quoziente di fortuita che avrebbe inficiato qualsiasi cautela comportamentale di sicurezza.
2.4 Per B. gli avvocati L. e M. deducono vizio della motivazione per contraddittorietà e illogicità. In particolare con il primo motivo ripercorrono le risultanze dibattimentali delle dichiarazioni del teste persona offesa C. e del consulente tecnico di parte P. oltre che del tecnico SPISAL, per sostenere che l’infortunio si è verificato unicamente a causa del comportamento abnorme del C che si sarebbe “slanciato” e non meramente appoggiato sul parapetto per far passare il cavo dalla finestra. Deducevano infine che la presunta violazione dell’art. 146 comma 1 D.Lgs n.81 72008 non poteva essere considerata causa colposa indipendente ma eventualmente doveva essere contestata a titolo di cooperazione colposa alla B. coordinatrice per la sicurezza in fase di esecuzione. 3.11 Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per B. e per il rigetto dei ricorsi di T e B. (Fonte Cassazione Web)