Folgorazione durante i lavori su impianto fotovoltaico integrato su serra.
Cassazione Penale, sentenza n. 14627 del 20 aprile 2021 – Folgorazione nell’ambito di lavori di realizzazione di un impianto fotovoltaico integrato su serra. ResponsabilitĂ di CSE, responsabile dei lavori, committente e preposto.
La Corte d’appello di Palermo, in data 4 luglio 2019, ha parzialmente riformato la sentenza con. la quale il Tribunale di Agrigento aveva condannato, il 12 marzo 2018, D.C., L.S., R.Z., P.Z. e S.P. alle pene ritenute di giustizia e le SocietĂ F. T. s.r.l. e Agr. Z. s.r.l. alle sanzioni pecuniarie per gli illeciti amministrativi rispettivamente ascritti, in relazione al delitto di lesioni personali colpose in danno di G.M. e G.P. (oltrechĂ© del citato S.P.) contestate come commesse il 6 maggio 2011 in regime di cooperazione colposa, con colpa generica e con violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
La Corte di merito ha assolto R.Z. dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto, revocando altresì la sanzione pecuniaria applicata alla A. Z.; nel resto le condanne sono state confermate.
1.1. Oggetto del procedimento Ă© un infortunio sul lavoro occorso nell’ambito di lavori di realizzazione di un impianto fotovoltaico integrato su serra, affidati alla F. T. dalla Agr. Z.. Accadeva che in tale contesto veniva affidato agli operai il compito di sollevare alcune capriate, strutture metalliche del peso di circa 200 chilogrammi ciascuna, a un’altezza di circa 8 – 9 metri dal suolo, fornendo tuttavia loro un trattore escavatore anzichĂ© una gru, come pure era previsto dal PSC; l’operazione era resa viepiĂą rischiosa dalla presenza, a distanza di pochi metri, di una linea elettrica a media tensione prossima all’area del cantiere, non delimitata da alcuna recinzione. Emergeva fin dalle prime indagini che gli operai manovravano le strutture metalliche a mani nude e si avvicinavano molto alla linea elettrica, fino a una distanza di circa due metri, ciò che generava un arco elettrico. Ne derivava che gli operai rimanevano folgorati, riportando le lesioni descritte in atti.
1.2. Il D.C. risponde del delitto quale datore di lavoro e legale rappresentante della F. T.; lo L.S. ne risponde quale coordinatore dell’esecuzione dei lavori; P.Z. risponde quale direttore tecnico e responsabile dei lavori a ciò designato dal committente R.Z. (titolare della A. Z.); il S.P. risponde in qualitĂ di capo cantiere e quindi di preposto per conto della F. T.
1.3. Nel confermare la condanna dei predetti imputati, la Corte palermitana ha respinto le doglianze articolate dai medesimi sia a proposito del rapporto di causalitĂ tra le condotte rispettivamente ascritte e l’evento, sia a proposito della natura colposa del loro comportamento, sia a proposito dell’asserita abnormitĂ della condotta dei lavoratori, sia infine a proposito del decorso del termine di prescrizione.
In particolare, quanto al D.C. la Corte distrettuale ha ravvisato la sua responsabilitĂ nella mancata predisposizione di adeguate misure di interdizione per impedire l’attraversamento della linea elettrica, e nell’aver fornito un mezzo meccanico inadeguato (il trattore). Quanto allo L.S. la Corte territoriale ha censurato il fatto che costui, nella sua posizione di garanzia, non aveva adottato le necessarie misure di cautela, in presenza di oggettive condizioni di rischio, ed aveva omesso di fornire spiegazioni ai lavoratori circa le disposizioni contenute nel P.S.C. e nel P.O.S.. Quanto a P.Z., la sua responsabilitĂ Ă© stata ravvisata in sostituzione di quella di R.Z. (dal quale aveva ricevuto l’incarico di responsabile dei lavori) e individuata, in particolare, nell’avere omesso di provvedere circa l’utilizzo degli strumenti piĂą adeguati in termini di sicurezza (a fronte, in particolare, dell’impiego del trattore al posto della gru, come pure era previsto dal P.S.C.), dall’omessa predisposizione di misure per impedire l’attraversamento della linea elettrica. Infine, quanto al S.P., la sua responsabilitĂ Ă© stata ravvisata nel non avere informato i lavoratori dei rischi di elettroconduzione connessi all’impiego del trattore e al conseguente effetto di oscillazione dei carichi metallici da cui dipendeva l’arco elettrico nella specie venutosi a determinare.
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono il D.C., lo L.S., P.Z. e il S.P..
3. Il ricorso del D.C. si affida a due motivi.
3.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge, oltre a travisamento fattuale, a proposito del nesso causale tra le condotte ascritte e l’evento, nonchĂ© della colpa attribuita al ricorrente nella sua qualitĂ : l’arco elettrico, osserva il ricorrente, si Ă© venuto a determinare a causa dell’errore degli operai, tant’Ă© che, se costoro si fossero mantenuti a una distanza di sicurezza dalla linea elettrica,
l’evento non si sarebbe verificato; lo P.Z. aveva segnalato al Provenza · i la necessitĂ di evitare il passaggio dei macchinari in prossimitĂ delle linee elettriche con la realizzazione di un varco nella recinzione, che consentise , all’escavatore di trasportare le strutture metalliche seguendo un percorso esterno “\ a qualsiasi interferenza con l’elettrodotto; per cui era, da un lato, imprevedibile per il D.C. che i lavoratori operassero nei termini descritti nell’imputazione, benchĂ© fossero stati avvertiti del pericolo e fossero muniti dei dispositivi di protezione; e, dall’altro, il loro comportamento, che si poneva al di fuori delle mansioni loro affidate, si era inserito nella serie causale, interrompendo il nesso tra la condotta ascritta al ricorrente e l’evento lesivo.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta la mancata declaratoria di prescrizione, atteso che, pur sommando al tempo ordinario occorrente per l’estinzione del reato i 7 mesi e 21 giorni di sospensione indicati nella stessa sentenza impugnata, il reato si era giĂ prescritto 6 giorni prima della lettura del dispositivo della sentenza stessa.
4. Il ricorso dello L.S. reca in premessa l’eccezione di intervenuta prescrizione giĂ prima della sentenza d’appello, in termini analoghi a quanto dedotto nel ricorso D.C.. Esso Ă© poi articolato in due ulteriori motivi di lagnanza.
4.1. Con il primo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sua ravvisata responsabilitĂ quale coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione dell’opera: egli aveva in realtĂ inserito nel P.S.C., cautelativamente, il rischio connesso alla presenza della linea elettrica aerea in prossimitĂ del cantiere ed aveva pienamente rispettato gli obblighi previsti dall’art. 92, d.lgs. 81/2008; tale rischio era stato richiamato nella riunione di coordinamento del 28 aprile 2011; inoltre lo L.S., nella sua qualitĂ , aveva dato corso a una scrupolosa e concreta attivitĂ di controllo e verifica con frequenti sopralluoghi ed aveva dettato adeguate prescrizioni e procedure esecutive prevedendo il divieto di passaggio a mezzi che superavano i 3 metri di altezza e la delimitazione dell’area nel caso di lavorazioni da eseguire all’interno della zona di rispetto. Erra inoltre la Corte di merito nell’addebitare allo L.S. di non avere fornito spiegazioni ai lavoratori circa il P.O.S. e il P.S.C., compito questo non demandato al CSE. Infine, osserva ancora il deducente, la Corte di merito cade in errore nel reputare inidoneo il mezzo meccanico fornito nella specie, atteso che, in base alla circolare ISPESL n. 1088 del 5 febbraio 2003, l’indicazione “Gru” o “autogru” quale mezzo di sollevamento poteva intendersi riferita anche a un escavatore.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla ritenuta abnormità del comportamento dei lavoratori, derivante dalla scelta arbitraria, da parte loro, della postazione di lavoro. Nel caso di specie, osserva il deducente, alcuna responsabilità di tale condotta può ascriversi al CSE, soggetto cui non può essere demandato un controllo continuo e costante delle singole attività lavorative.
5. Il ricorso di P.Z. consta di tre motivi.
5.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla qualifica, a lui attribuita, di responsabile dei lavori: qualifica in realtĂ attribuitagli ben otto mesi prima dell’inizio delle attivitĂ di cantiere, al solo fine di consentirgli la puntuale descrizione dell’oggetto delle lavorazioni, poi utilizzata dallo L.S. per elaborare il P.S.C.. In seguito egli non svolse piĂą alcuna attivitĂ connessa a tale sua iniziale qualifica, mentre le attivitĂ proprie del committente e del responsabile dei lavori furono assunte da R.Z. e dallo L.S..
5.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al fatto che, in realtĂ , il sinistro sarebbe derivato da un errore del manovratore del mezzo meccanico, cagionato da un’eccessiva oscillazione del braccio dell’escavatore. Contesta in primo luogo l’esponente che il mezzo in questione fosse inidoneo al sollevamento; qualifica come mera illazione l’assunto secondo cui la limitata visibilitĂ verso l’alto avrebbe causato l’errore di manovra; e denuncia l’oscillazione come frutto della manovra nella specie eseguita. Evidenzia come, nella riunione di coordinamento del 28 aprile 2011, i lavoratori fossero stati informati del rischio connesso alla vicinanza della linea elettrica. Sottolinea come non sia provato che l’eventuale perimetrazione dell’area pericolosa avrebbe impedito la produzione dell’evento. Infine contesta che il rischio nella specie concretizzatosi fosse in realtĂ prevedibile e che fosse configurabile in capo al ricorrente la ritenuta cooperazione colposa, specie ove si consideri che lo Z. era soggetto non tenuto alla continuativa presenza nel cantiere, ma solo all’alta sorveglianza, e che aveva provveduto agli adempimenti finalizzati alla prevenzione dei rischi connessi alle attivitĂ da svolgere. Conclude infine il ricorrente richiamando l’abnormitĂ del comportamento degli operai, le cui mansioni erano palesemente diverse dalla condotta da loro adottata nell’occorso.
5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al decorso del termine di prescrizione, con argomenti analoghi a quelli già visti nei ricorsi precedentemente esaminati, cui perciò rinvia.
6. Il ricorso del S.P. consta di due motivi.
6.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge, vizio motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva in riferimento alla responsabilitĂ colposa a lui attribuita; dopo avere ripercorso i principi fondamentali dell’addebito colposo, il deducente spiega come l’imputato, nella sua qualitĂ di preposto, abbia adempiuto agli obblighi previsti dall’art. 19 del d.lgs. 81/2008, vigilando sull’osservanza delle misure e sull’uso dei dispositivi di protezione da parte dei lavoratori, segnalando altresì al datore di lavoro la necessitĂ di utilizzare un’autogru per il sollevamento dei telai metallici. Sottolinea l’esponente che, al momento dell’incidente, erano presenti sia il datore di lavoro R.Z., sia il CSE L.S., e che con la loro presenza non può ravvisarsi il trasferimento delle responsabilitĂ datoriali sul preposto. Evidenzia inoltre il ricorrente che, al momento dell’evento, gli operai (tra cui lo stesso S.P.) si trovavano a una distanza di circa sei – sette metri dalla linea elettrica, e che l’arco elettrico si formò a causa di un brusco movimento del mezzo meccanico cagionato dal manovratore dello stesso. Il deducente contesta inoltre che quanto a lui addebitato fosse esigibile in relazione alla sua posizione di preposto: egli aveva formato e informato gli operai e li aveva riforniti dei necessari dispositivi di protezione, che essi indossavano al momento del sinistro; perciò, per quanto lo riguarda, non può affermarsi nĂ© che l’evento dannoso fosse da lui prevedibile, nĂ© quale doveva essere il comportamento alternativo lecito da lui esigibile.
6.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al decorso del termine prescrizionale, con argomenti del tutto analoghi a quelli già esaminati a proposito degli altri ricorsi, cui perciò si rinvia.
Diritto
1. Nessuno dei ricorsi in esame può dirsi manifestamente infondato; e di ciò occorre tenere conto avuto riguardo all’ormai avvenuto decorso del termine di prescrizione.
E’ noto infatti che Ă© comunque ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (principio ribadito da Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci).
Nella specie si Ă© visto che, pur computando il periodo di sospensione del corso del termine di prescrizione per come indicato nella stessa sentenza impugnata, quest’ultimo termine era giĂ spirato, sia pure di pochi giorni, alla data della sentenza d’appello.
Peraltro, Ă© pure opportuno rammentare che in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice Ă© legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piĂą al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessitĂ di accertamento o di approfondimento (Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 ).
Nel caso di specie occorre verificare, in relazione alle singole posizioni, se in qualche caso ricorra una simile, univoca e palmare certezza nell’esclusione della responsabilitĂ .
2. Al riguardo Ă© bene sgombrare preliminarmente il campo da una doglianza ricorrente praticamente in tutti i ricorsi, riferita al comportamento degli operai rimasti vittime dell’incidente, che i ricorrenti ritengono affetto da abnormitĂ e tale da interrompere il nesso causale tra le condotte rispettivamente ascritte e l’evento lesivo.
Tale doglianza Ă© infondata. In proposito dev’essere ribadito il principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perchĂ© la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalitĂ tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, Ă© necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piutt osto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 – dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 – dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247); ed Ă© di tutta evidenza che nell’ambito di tale sfera di rischio rientrava certamente l’operazione di movimentazione e sollevamento dei carichi in corso al momento dell’infortunio, e alla quale i tre lavoratori erano assegnati.
Non vale, in sostanza, la mera valutazione dei ricorrenti circa una ritenuta avventatezza dei lavoratori stessi rispetto alle indicazioni asseritamente ricevute da costoro circa le modalitĂ esecutive delle operazioni di sollevamento delle strutture metalliche: nel solco della giurisprudenza di legittimitĂ ormai costante si Ă© recentemente precisato che, in tema di infortuni sul lavoro, perchĂ© possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore , pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisce concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilitĂ del garante, Ă© necessario che questi abbia posto in essere tutte le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l’evento verificatosi potrĂ essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4, n.27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242). Nella specie vi Ă© un elemento di intrinseca responsabilitĂ dei garanti, costituito dall’avere messo a disposizione dei lavoratori un mezzo meccanico inidoneo alla specifica funzione ed oggettivamente diverso da quello previsto nel P.S.C. e dall’avere omesso di considerare che i lavori di sollevamento dei carichi metallici a poca distanza dalla linea elettrica dovevano far considerare l’eventualitĂ tutt’altro che remota – e nella specie verificatasi – di una possibile oscillazione di alcuno di detti carichi, con conseguente rischio (nella specie concretizzatosi) del verificarsi di un arco elettrico, idoneo a determinare la folgorazione degli operai.
3. Venendo alle singole posizioni, certamente non può dirsi evidente l’esclusione delle responsabilitĂ ascritte al D.C., che sull’abnormitĂ del comportamento dei lavoratori imposta in larga parte il primo motivo di ricorso (il secondo attiene, come si Ă© visto, allo spirare della prescrizione): la sua veste datoriale gli imponeva di fronteggiare un rischio fondante della prestazione di lavoro, come quello connesso all’uso di un mezzo meccanico inidoneo e diverso da quello indicato dal P.S.C..
Del pari non Ă© caratterizzata da evidenza dell’assenza di responsabilitĂ la posizione di P.Z., la cui qualifica – contestata nel primo motivo di ricorso – era tuttavia perdurante e tale da radicare la connessa posizione di garanzia; mentre il secondo motivo di ricorso Ă©, nell’essenziale, proteso a sollecitare una diversa lettura del materiale probatorio, in termini non consentiti in sede di legittimitĂ (ex multis Sez. 6, Sentenza n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482); e, per il resto, propone la questione dell’asserita abnormitĂ del comportamento dei lavoratori, della cui infondatezza si Ă© detto.
E’, analogamente, da escludere che vi sia evidenza dell’assenza di responsabilitĂ in capo al S.P., capo cantiere e preposto: va in primo luogo ricordato che, in tema di prevenzione degli infortuni, il capo cantiere, la cui posizione Ă© assimilabile a quella del preposto, assume la qualitĂ di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovrintende alle attivitĂ , impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione sicchĂ© egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (Sez. 4, Sentenza n. 9491 del 10/01/2013, Ridenti, Rv. 254403); in secondo luogo va disattesa la tesi espressa dal ricorrente secondo cui la presenza sul cantiere, al momento dell’incidente, di altri garanti (Z. e L.S.) escluderebbe il trasferimento della responsabilitĂ in capo al medesimo; l’assunto va disatteso, in quanto, in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, qualora vi siano piĂą titolari della posizione di garanzia, ciascuno Ă© per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica Ă© addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (Sez. 4, Sentenza n. 6507 del 11/01/2018, Caputo, Rv. 272464).
Anche per quanto concerne lo L.S., infine, non può parlarsi di evidente assenza di responsabilità .
E’ ben vero, infatti, che la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio per l’ipotesi in cui i lavori contemplino l’opera, anche non in concomitanza, di piĂą imprese o lavoratori autonomi le cui attivitĂ siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza, e non il sovrintendere, momento per momento, alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal piano operativo di sicurezza (Sez. 4, Sentenza n. 34869 del 12/04/2017, Leone, Rv. 270756); nel caso di specie, tuttavia, deve ritenersi che quello concretizzatosi – ossia quello connesso alla presenza di una linea elettrica in quota in prossimitĂ del cantiere – fosse un rischio generico (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti e altro, Rv. 269046), derivante cioè dalla conformazione generale del cantiere stesso e, peraltro, previsto nello stesso P.S.C. redatto dallo L.S.: il quale però omise di verificare l’attuazione di quanto in esso previsto con riguardo all’idoneitĂ del mezzo meccanico impiegato per il sollevamento delle strutture metalliche.
4. Da quanto precede, in assenza di ragioni di evidente esclusione della responsabilitĂ di alcuno dei ricorrenti discende che, per tutte le posizioni dei medesimi, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato loro ascritto estinto per prescrizione. Resta invece ferma la sentenza impugnata quanto alla posizione della F. T. s.r.l. (che non ha proposto ricorso): nei confronti della predetta SocietĂ rimane definitiva la condanna per l’illecito amministrativo alla stessa contestato, sul quale non riverbera effetti la prescrizione del reato presupposto.
P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di D.C. , L.S., P.Z. e S.P. perché il reato loro ascritto é estinto per prescrizione. FONTE:CassazioneWeb