Morte del lavoratore affetto da epilessia. Privacy e prescrizioni del medico competente

Cassazione Penale, sentenza n. 26151 del 9 luglio 2021 – Morte del lavoratore affetto da epilessia. Normativa privacy e prescrizioni del medico competente.

 

1. Con sentenza del 16 settembre 2019 la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Vasto con cui A.B., F.D. e G.D. sono stati assolti con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ dal reato di cui all’art. 589 comma secondo cod. pen., loro ascritto dall’imputazione per avere cagionato, nelle loro qualità, rispettivamente di dirigente della P. Italia s.p.a., preposto e preposto diretto dello stabilimento aziendale di….. (Chieti), la morte del lavoratore D.DF., perché con imprudenza, negligenza ed imperizia, ed in violazione di norme di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro ed in particolare dell’art. 64, comma 1, lett. c) ed e) d.lgs. 81/2008, consentivano e tolleravano l’utilizzazione da parte dei dipendenti di un’area di produzione dismessa, quale zona franca per fumare, in pessime condizioni igieniche e microclimatiche, caratterizzata da alte temperature, senza informare i diretti superiori, non impedendo che D.DF., affetto da epilessia e garantito da prescrizioni medico aziendali che non consentivano, fra l’altro, il lavoro in ambiente confinato, vi accedesse, ed ivi colto da crisi, probabilmente favorita dall’alta temperatura, fosse ritrovato solo dopo due ore, in stato di coma, decedendo dopo nove giorni per progressiva ed ingravescente disfunzione multiorgano e coagulopatia intravascolare disseminata, secondaria a coma post-epilettico prolungato.
2. La sentenza di primo grado ha ricostruito come segue: il lavoratore D.DF.,. dipendente della P. I., presso lo stabilimento di ……, con mansioni di addetto al controllo nel reparto CRS, destinatario in quanto affetto da epilessie, pur ritenuto abile al lavoro ed alle mansioni, di prescrizioni inerenti al divieto di lavoro notturno, al divieto di lavoro in ambienti confinati o in solitario, al divieto di lavoro in quota o su carrelli, il giorno 13 luglio 2014, intorno alle ore 8 si allontanava dalla sua postazione. Intorno alle ore 9.00, il collega A.F., non vedendolo tornare cominciava a cercarlo, verificando anche che egli non si fosse introdotto nel box della vecchia linea di produzione, ma avendo ritrovato la porta chiusa con un lucchetto, ed avendo visto che all’interno era tutto buio, si metteva a cercarlo altrove. Allertati, altri dipendenti cominciavano le ricerche, che si concludevano dopo un’ora, quando D.DF. veniva rinvenuto, in stato di coma, all’interno dell’area dismessa ‘ex area applicazione film antilacerante’, e precisamente in un locale cui si accedeva da una porta del box ove il collega A.F. lo aveva cercato un’ora prima, chiusa con un lucchetto, che, tuttavia, presentava un pannello inferiore manomesso. Il coma anossico, determinato dalla crisi epilettica induceva la disfunzione multiorgano che conduceva D.DF. alla morte. Il tribunale ha assolto gli imputati per insussistenza del fatto, osservando che D.DF. era normalmente adibito a due diverse postazioni e gli era assicurata una certa libertà di movimento, proprio in ragione della sua malattia; dalla lettura complessiva del fascicolo delle indagini preliminari era risultato che l’area nella quale D.DF. era stato ritrovato fosse un’area completamente dismessa, ove non era presente alcuna fonte di calore; che i testimoni hanno riferito che D.DF. presentava una temperatura corporea elevata, ma nulla hanno riferito sulla temperatura dell’ambiente in cui fu rinvenuto; che non è emerso dagli atti che gli imputati avessero saputo e tollerato l’uso da parte dei lavoratori dell’area, non essendo risultato che altri, oltre al D.DF. si fossero sistematicamente introdotti all’interno del locale; che non è stato possibile accertare se un intervento più tempestivo avrebbe, con ragionevole certezza, evitato l’evento morte o ridotto la significatività dell’evento lesivo; che non è stato possibile ricostruire quando egli abbia avuto l’attacco epilettico, quando sia entrato in coma e come abbia influito il fattore tempo sullo stato comatoso accertato; che nessuna indagine è stata svolta sulla sussistenza del nesso causale fra la condotta omissiva contestata e l’evento morte. Il Tribunale ha, inoltre, considerato che D.DF. manomettendo il pannello, in modo che ciò non fosse visibile, aveva posto in essere un comportamento che, di per sé , aveva costituito un ostacolo alle ricerche; che il datore di lavoro aveva ottemperato alla prescrizioni impartite dal medico in relazione alla prestazione lavorativa, consistenti nel non adibire il lavoratore al lavoro notturno, al lavoro in quota o su carrelli, al lavoro in ambiente confinato o in solitario. Invero, D.DF. operava in ambiente aperto, in postazioni che potevano essere monitorate dai colleghi di lavoro, da una delle quali si era allontanato senza motivo noto o plausibile, per recarsi in un ambiente totalmente chiuso, manomettendo un pannello per entrarvi. Egli aveva, pertanto, messo in atto un comportamento abnorme ed imprevedibile dal datore di lavoro, cui non era richiesto di tenere il lavoratore sotto controllo continuo e costante, ma solo di non contravvenire alle prescrizioni impartite, cui aveva regolarmente adempiuto. Il datore di lavoro, dunque, non aveva posto in essere alcuna condotta omissiva e mancava, in ogni caso, il nesso causale con la morte del lavoratore…..  continua scarica sentenza completa

 

 

Fonte: CassazioneWeb

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