Sepolto durante i lavori di scavo. Responsabilità del datore di lavoro e del coordinatore per la sicurezza
Cassazione Penale sentenza n. 27606 del 15 luglio 2022 – Sepolto sotto una caduta di terra durante i lavori di scavo. Responsabilità del datore di lavoro e del coordinatore per la sicurezza.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato M.DP. e V.C.M. responsabili del reato loro ascritto di omicidio colposo, per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro.
1.1. La vicenda attiene all’infortunio subito dal lavoratore A.B., socio di minoranza e dipendente della s.r.l. I.C., avvenuto il 5.3.2009 nel cantiere sito in Roma, Via Tavernerio, nel corso di lavori per la posa in opera di una tubazione fognaria. Durante i lavori di scavo, il A.B. veniva sepolto sotto una caduta di terra, ad una profondità di circa 3 metri, perdendo la vita, stante la mancata messa in opera delle necessarie armature di sostegno delle pareti dello scavo.
1.2. I giudici di merito hanno ritenuto la responsabilità del M.DP., quale gestore di fatto e datore di lavoro della società I.C., per non aver predisposto un adeguato piano di sicurezza che riguardasse i rischi dei lavori del cantiere, ed in particolare i lavori di scavo e posa tubazioni in Via Tavernerio, nonché per non aver fatto applicare le tubazioni di sostegno atte ad evitare franamenti nello scavo. Hanno anche ritenuto responsabile il V.C.M., quale coordinatore per la sicurezza ed in fase di esecuzione dei lavori della società committente (Il M.), per non aver verificato l’applicazione delle disposizioni contenute nel piano di coordinamento, con particolare riferimento agli scavi di sbancamento e alla messa in opera delle armature di sostegno, nonché per non aver verificato il piano di sicurezza, inadeguato, della ditta I.C..
2. Avverso tale sentenza i due imputati propongono distinti ricorsi per cassazione.
3. M.DP., a mezzo del difensore, lamenta (in sintesi) quanto segue.
I) Violazione di legge, per nullità del decreto di citazione a giudizio ex art. 601 cod. proc. pen., per omessa notifica all’imputato.
Deduce che la notifica del decreto di citazione per l’udienza del 30.11.2020 era stata tentata una prima volta il 6.11.2020 al domicilio dell’imputato e, non essendo andata a buon fine, era stata ripetuta ex art. 161 cod. proc. pen. presso il difensore, tardivamente, il 18.11.2020. La Corte di appello, in assenza del difensore, all’udienza del 30.11.2020, constatata la tardività della notifica, aveva rinviato all’udienza del 8.2.2021, senza rinnovare la notifica all’imputato della nuova data di udienza, come avrebbe dovuto, con conseguente nullità della citazione a giudizio.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere erroneamente affermato l’esercizio di fatto di poteri direttivi in capo al prevenuto, non avendo questi mai assunto la qualità di institore della S.r.l. I.C., ma al più quello di procuratore della società per acquistare, vendere, riscuotere, quietanzara ecc.
III) Inutilizzabilità delle s.i.t. rilasciate da DP.S., utilizzate per affermare l’esercizio di fatto dei poteri direttivi del ricorrente; mancata revoca della testimonianza del DP.S.; erronea applicazione dell’art. 299 d.lgs. n. 81/2008 nel riconoscere al ricorrente la qualità di datore di lavoro di fatto.
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione, per mancanza di piena prova della qualità di datore di lavoro del ricorrente.
V) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di determinazione della pena, per mancata indicazione dei criteri di calcolo della pena finale.
4. V.C.M., a mezzo del difensore, lamenta (in sintesi) quanto segue.
I) Nullità del decreto di citazione a giudizio in appello per assenza e comunque tardività della notifica all’imputato al domicilio dichiarato.
Deduce che l’imputato non ha ricevuto la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello per l’udienza fissata al 30.11.2020. Quel giorno i giudici chiamavano il processo alle ore 11.42, prima dell’orario previsto (14.30), pertanto i difensori risultavano assenti e sostituiti ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. Il disposto rinvio all’udienza del 8.2.2021 non è mai stato notificato all’imputato. Anche la prima notifica all’imputato non si è mai perfezionata ai sensi del comma 8 dell’art. 157 cod. proc. pen., posto che il ricorrente non ha mai ricevuto l’avviso spedito con raccomandata, stante l’assenza in atti dell’avviso di ritorno.
II) Violazione di legge, per avere la Corte territoriale affermato una responsabilità da posizione in capo al ricorrente, senza individuare i doveri giuridici e i correlati poteri di impedimento dell’evento dannoso; assenza del nesso causale e mancata valorizzazione della condotta della vittima, quale causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
III) Vizio di motivazione in punto di responsabilità, per avere la Corte territoriale affermato che il ricorrente non aveva controllato l’esecuzione “giorno per giorno” dei lavori effettuati in cantiere, salvo poi escludere l’obbligo per il ricorrente di assistere ad ogni lavorazione in cantiere. Non è stato considerato che il V.C.M. non poteva essere presente assiduamente nel cantiere, svolgendo funzioni di direttore dei lavori in diversi cantieri del committente. La relazione dei vigili del fuoco intervenuti dopo l’incidente non dice che le assi ed i tubi utilizzati per la messa in sicurezza dello scavo non fossero sufficienti per tutto lo scavo aperto. Il ricorrente contesta anche l’eccessività della pena.
5. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
6. Il difensore del V.C.M. ha depositato memoria scritta con la quale insiste per l’accoglimento del ricorso.
1. Vanno preliminarmente affrontate le questioni processuali sollevate dalle difese dei ricorrenti.
2. È fondato il motivo dedotto dal V.C.M., con riferimento alla riscontrata nullità derivante dalla mancata notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio in appello per l’udienza fissata al 30.11.2020. Dagli atti processuali risulta, infatti, che non è mai stata consegnata al V.C.M. la raccomandata contenente l’avviso di notifica della citazione mediante deposito dell’atto nella casa comunale, come previsto dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen. Tale modalità di notificazione si perfeziona solo con la ricezione della lettera raccomandata spedita dall’ufficiale giudiziario, in difetto della cui prova la notificazione stessa deve considerarsi nulla (cfr. Sez. 2, n. 21984 del 04/05/2017, Rv. 270095 – 01).
Trattasi di nullità ritualmente eccepita dalla difesa del ricorrente in sede di merito, conseguendone la nullità della sentenza impugnata nei confronti del V.C.M..
Rimangono assorbite le restanti censure proposte dal ricorrente.
3. Non è, invece, fondata l’analoga censura processuale dedotta dal M.DP., atteso che nei confronti del medesimo risulta regolarmente effettuata la notifica del decreto citazione a giudizio in appello presso il difensore di fiducia: l’udienza del 30 novembre era, poi, stata rinviata (anche) per legittimo impedimento del suo difensore, con la conseguenza che al M.DP. non spettava alcuna notifica del rinvio, risultando la presenza in udienza del sostituto processuale del difensore. In ogni caso, alla successiva udienza dell’8.2.2021 nessuna eccezione è stata sollevata dal difensore circa le modalità del rinvio disposte alla precedente udienza, sicché, potendosi al più configurare, nel caso, una ipotesi di nullità a regime intermedio (cfr. Sez. 4, n. 24955 del 26/04/2017, Rv. 269948 – 01), la relativa questione è ormai superata e non più deducibile in sede di legittimità.
4. Rimangono da esaminare le restanti censure dedotte dal M.DP..
4.1. Quanto alla lamentata inutilizzabilità delle dichiarazioni del DP.S. (terzo motivo di ricorso), si deve convenire con il P.G nel senso che la Corte territoriale ha legittimamente rilevato che le dichiarazioni rese nell’immediatezza del fatto provengono da persona al momento non indagata e sono quindi utilizzabili, mentre quelle rese successivamente, il 9 giugno 2009, non sono rilevanti. In ogni caso, i giudici di merito hanno dato atto del fatto che tali dichiarazioni sono state acquisite con il consenso delle parti all’udienza dell’8 novembre 2011.
4.2. Le doglianze in ordine al ruolo dell’imputato (secondo e quarto motivo di ricorso) non considerano che in sede di legittimità non è possibile disattendere quanto accertato dal giudice di merito, se congruamente e logicamente motivato, come indubbiamente avvenuto nel caso di specie. I giudici hanno insindacabilmente appurato che l’imputato era socio maggioritario dell’impresa e procuratore generale in forza di procura conferitagli con atto notarile; che lo stesso aveva dichiarato all’ispettorato del lavoro di essere responsabile per la sicurezza e di svolgere direttamente i compiti di prevenzione; che sempre il M.DP. aveva a dichiarato di avere svolto attività di individuazione delle misure di prevenzione/protezione e programmato le misure ritenute opportune per garantire il miglioramento dei livelli di sicurezza. Con riferimento alla vicenda che ha portato alla morte del dipendente, è stato accertato che l’imputato era a conoscenza del fatto che nel pomeriggio del 5 marzo 2009 il cantiere sarebbe stato attivo, sicché, dai dati processualmente emersi, è stato plausibilmente ricostruito il ruolo del M.DP. quale soggetto responsabile della sicurezza delle operazioni della I.C. Srl, e quindi di soggetto garante in relazione all’incidente mortale.
4.3. Quanto alla censura proposta con riferimento al calcolo della pena (quarto motivo di ricorso), si osserva che la motivazione sul punto è ineccepibile, avendo la Corte di appello chiarito che la pena è stata determinata sulla base della gravità della colpa, delle conseguenze della stessa, del risarcimento del danno ed in funzione della concessione delle attenuanti generiche, secondo una ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile in cassazione.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti del V.C.M. per la riscontrata nullità processuale derivante dall’omessa notifica all’imputato della citazione a giudizio dinanzi alla Corte di appello, cui vanno rinviati gli atti (diversa sezione) per nuovo esame.
Il ricorso del M.DP. va, invece, rigettato, con conseguente condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di V.C.M. con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta il ricorso di M.DP. che condanna al pagamento delle spese processuali.
Fonte: Cassazione Web